Breakfast Club è un film del 1985 che potrebbe persino essere categorizzato nel genere del “film di formazione”. Questo articolo non si concentrerà troppo sulla trama e si limiterà a dare un semplice resoconto di alcuni dei temi proposti; tuttavia finirà con il proporre una domanda abbastanza importante.
La premessa: per vari motivi, un gruppo particolarmente diverso di classici stereotipi adolescenziali dovrà trascorrere un sabato intero a scuola (“detention” nelle scuole americane è simile ad una sospensione con obbligo di frequenza). Come punizione dovranno scrivere un saggio cercando di rispondere ad uno dei più antichi dilemmi filosofici conosciuti all’uomo, “chi siete/chi siamo” o nel loro caso specifico “chi pensate di essere”. Anche questo tema da solo potrebbe valere la pena di essere approfondito e analizzato, la dinamica del gruppo eterogeneo si evolve durante lo scorrere del film e segue percorsi tematici diversi. Nonostante un sentimento iniziale di cameratismo che si crea tra i membri del gruppo, ci sarà sempre un senso onnipresente di smarrimento adolescenziale, di alienazione e afflizione, di ostracismo e di gerarchia sociale.
“Se scompariresti per sempre in questo momento, non farebbe alcuna differenza”: questa è una chiave di lettura che il film propone attraverso le parole dei protagonisti che stanno litigando. È un punto di vista nichilista che riassume una riflessione esistenziale comune all’interno di un gruppo formato da persone di background sociali diversi. Che sia uno sfogo d’ira o una richiesta di attenzione, un bisogno di appartenenza o la pressione di non rimanere esculi dal proprio gruppo, ogni singolo personaggio fornisce la propria individualità e una motivazione personale che vuole tacere. “Siamo tutti un po’ strambi, alcuni di noi semplicemente sanno nasconderlo meglio”. Questi sono solo alcuni dei temi che il film propone in un modo eccentrico e divertente; si tratta di una facciata di superficialità che cerca di nascondere un dolore esistenziale che probabilmente tutti hanno vissuto in un dato momento delle loro vite.
E così arriviamo alla grande domanda promessa all’inizio dell’articolo, una domanda che il film non pone direttamente, ma che spera che altri faranno a quelli che hanno bisogno di sentirla. “Ehi, ne vuoi parlare?”. E così questo sono io, uno scrittore e un ascoltatore, uno che ci tiene agli altri, che domanda attraverso un blog sperduto a te lettore una delle domande più semplici ma non per questo più banali: ehi, ne vuoi parlare?
Non vivere cercando di reprimere sentimenti se c’è qualcuno che è disposto ad ascoltarti.
Darei a questo film un buon 8 su 10 “ci vedi come vuoi vederci”.
Versione articolo in inglese: https://quirkyhorizons.com/tiffanys-favorite-club/