Con questo articolo non voglio minimamente cercare di convincervi a leggere un fumetto giapponese; voglio comunque usarne uno per analizzare due punti che trovo interessanti all’interno della dinamica sociale contemporanea. Quello che voglio dire è che non serve leggere prima il manga per capire le considerazioni che voglio proporre; per chi comunque né vuole sapere di più, mi limiterò a pochi brevi paragrafi prima di decostruire i temi che mi interessano.
Velocemente quindi, Silver Spoon è un manga scritto e illustrato da Hiromu Arakawa dal 2011 al 2019. È ciò che si potrebbe definire uno “slice of life” in quanto è la storia degli anni delle superiori di Yugo Hachiken: il protagonista, adolescente, per via di pressioni sociali e non riuscendo a entrare in una scuola prestigiosa secondo la volontà paterna, su consiglio di un insegnante si iscrive ad una scuola agraria in una zona rurale. È qui che si scontrerà con una realtà inaspettata e che formerà in parte il suo futuro; da giovane indeciso pieno di apprensione per il mondo del lavoro diventerà il maturo protagonista speranzoso con un progetto chiaro in mente.
Prima di fare qualsiasi puntualizzazione voglio dire che si tratta pur sempre di un manga, quindi è vero che alcuni dettagli sono romanzati, soprattutto quelli riguardanti la vita studentesca. Il manga è incentrato sulla condivisione e sulla collaborazioni, per questo alcune morali potrebbero forse persino risultare mielose, per non parlare dell’esistenza di una intera scuola che si dedica ad ampliare questa concezione. La rappresentazione di questi elementi è comunque costruita appositamente; lungi da ma quindi fare il moralista e dire che sono importanti lezioni di vita, nonostante ciò, quello che l’autrice cerca di rappresentare ha la sua validità.
Ultime osservazioni sulla qualità del manga. Il livello è indiscusso, ma questo era da aspettarsi dalla scrittrice di Fullmetal Alchemist, e la storia di per se si potrebbe definire tenera, forse persino commovente, con lezioni di vita non del tutto banali. La sua abilità di enfatizzare alcune scene inserendo solamente delle vignette, o persino talvolta intere pagine, di illustrazioni senza parole all’interno di un genere dove i dialoghi e i disegno devono amalgamarsi in una fusione perfetta, testimoniano la capacità della scrittrice.
Vita da campagna – gli animali
Un dettaglio che attira inizialmente l’attenzione è la descrizione della vita rurale e del modo di vedere gli animali. Oggi sicuramente ci troviamo davanti ad un cambio radicale del focus sociale: mentre prima la vita in campagna si conosceva molto più approfonditamente (magari per via di nonni o parenti), oggi è qualcosa che è passato in secondo piano. La vita alla fattoria non è più una realtà di tutti: difficilmente persone “di città” possono dire di aver coltivato la terra, accudito al bestiame o persino aver visto sgozzare animali che di lì a poco sarebbero finiti in tavola. La decostruzione che propone il manga sta proprio in questo e ripropone la realtà di un tempo che si scontra con quella della modernità. Considerando la catena economica e quella dei supermercati, siamo stati progressivamente desensibilizzati dal guardare la carne che compriamo tutti i giorni come un qualcosa che fino a prima era un animale vivo. Quella carne che mangiamo era vita. Il manga possibilmente fa risaltare questa dinamica in una maniera eccesiva, però un punto di verità esiste.
Una ulteriore speculazione dovrebbe essere fatta sulla religione o filosofia shintoista. Ci sono alcuni passaggi che risaltano un certo rispetto verso gli animali che poi vengono abbattuti: in un certo senso la loro vita alimenterà quella di altre persone. È la consapevolezza di un sistema (“uno è tutto e tutto è uno” per citare Arakawa) e anche la consapevolezza della importanza del suo equilibrio, forse oggi troppo precario.
Vita da città – le persone
Essere incerti sul proprio futuro, essere abbattuti dalle pressioni sociali, sottomettersi a determinati costrutti sociali. Tutte queste sono le ragioni che hanno spinto il protagonista del manga a cercare rifugio in una scuola rurale di stampo agrario. Forse in Oriente queste dinamiche sono molto più risentite e la rigidità giapponese potrebbe avvalorare questa ipotesi, ma la mia opinione è che, anche se in una quantità minore, queste sfumature esistono anche nella nostra quotidianità.
Il manga dipinge un quadro più estremo e Hachiken arriva ad una crisi di nervi ed un distacco quasi totale dai genitori. Il mondo con il quale si scontrerà comunque non è altrettanto libero e spensierato come avrebbe potuto pensare: molti dei compagni che incontra hanno una vita già prestabilita dato che dovranno prendere in mano l’attività di famiglia. Inizialmente sono dinamiche che il protagonista guarda quasi con invidia; a differenza sua, gli altri hanno delle certezze in mano riguardanti il proprio, mentre lui rimane l’eterno indeciso. Questo durerà fino a quando non scoprirà che alcuni di loro sono costretti a fare quella scelta di vita o per via di un forte senso di responsabilità o, peggio ancora, per colmare dei problemi finanziari di famiglia. Questo scontro tra vasta possibilità di scelta e costrizione ad una unica via mette le basi per un tema che Arakawa propone a suo modo: le decisione.
L’importanza di poter fare una scelta o di parlare, in questo caso con i genitori, per poter fare una scelta diversa è centrale per il manga. Questa è una decostruzione dei rapporti interpersonali e di come le nostre vite sono influenzate a vicenda. Le scelte che facciamo e quelle che fanno gli altri hanno il loro peso e la loro importanza e come tali vanno contemplate, prima di essere fatte, ma anche rispettate.